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MADRI SPIRITUALI DELL'ANTICA IRLANDA



Recensione a cura di Paolo Gulisano

Il Cristianesimo irlandese dei primi secoli rappresenta una delle più straordinarie esperienze della storia della cristianità. Molto si è detto e scritto delle grandi figure di questa Chiesa, da San Patrizio, l’Apostolo dell’Irlanda, a San Brendano, a San Colombano, fino a San Malachia. Ancora si doveva leggere delle figure femminili dell’antica Irlanda, e Madri spirituali dell’antica Irlanda, il libro curato da Alberto Maria Osenga per Monasterium giunge a colmare questa lacuna offrendo le biografie di quattro figure di sante, tra cui Brigid, la Patrona d’Irlanda.
Nella comunità cristiana fondata da San Patrizio viene ricordata la presenza di donne. È il santo stesso a parlare, nella Confessione e nel suo altro scritto Lettera a Corotico delle donne, sia di nobile stirpe, che di condizione agiata, così come di schiave, probabili prigioniere di guerra, che entrarono a far parte della Chiesa primitiva. Alcune di esse, ricorda Patrizio, divennero vergini consacrate. La liberazione portata in Irlanda dall’annuncio di Patrizio riguardava tutti, anche le donne, che sono citate, come si diceva, come membra della Chiesa irlandese primitiva. Il volume ci racconta di Darerca, che sarebbe diventata madre di altri santi, di Samthann e Ita, e infine Brigid.
Oltre a Brigid di Kildare, la santa più famosa e celebrata, sono numerose le donne ricordate per il loro contributo all’edificazione della Chiesa delle origini in Irlanda, donne che vissero la loro santità sia come consacrate sia come spose e madri, nella propria isola come sul continente, esuli forzate o volontariamente missionarie. Si trattava di martiri, come Grimonia, uccisa per la Fede nel IV secolo presso Soissons, in Francia. La città di La Chapelle sorse intorno alla chiesa costruita a memoria di questa donna. I miracoli che seguirono la sua morte portarono al suo culto, e le sue reliquie, insieme a quelle di una sua compagna, anch’essa irlandese, Proba, furono conservate fin dal sedicesimo secolo nell’abbazia di Henin- Lietard a Douai.
Tra le altre figlie di Erin ricordate nel novero dei santi troviamo, nei primi tempi della Chiesa irlandese, la figura di Attracta. Il suo nome gaelico era Adhracht, un nome a lungo comune tra le ragazze irlandesi specie dell’ovest, area dell’isola di cui era nativa questa santa. Era infatti originaria di Achonry, nel Connaught, la più occidentale e selvaggia delle province irlandesi. La sua azione apostolica precedette quella della stessa Brigid: fu fondatrice di conventi nelle contee di Sligo e Roscommon, dove curava i malati e dava ospitalità e accoglienza ai poveri. La sua fama di santità si diffuse immediatamente dopo la morte, e le case da lei fondate divennero meta di pellegrinaggi, e il suo culto si diffuse in tutto l’ovest dell’isola.
Troviamo altre figure di sante fondatrici di monasteri, come Gobnait. Nativa di Ballyvourney, nella Contea di Cork, di questa santa del VI secolo si dice che fosse stata guidata da degli angeli nel trovare il luogo dove fondare il suo convento. Il nome gaelico significa “miele di api”, e la leggenda vuole che si servisse delle api per tener lontano i malintenzionati. La sua immagine raffigurata nella chiesa di Ballyvourney fu oggetto per secoli di grande devozione, invocata con successo per la cura di malattie.
Di questi ordini religiosi femminili della primitiva Chiesa Iberica, a partire dalla comunità di Santa Brigida, non è purtroppo rimasta alcuna traccia documentata delle regole. Tuttavia è possibile ritenere che si trattasse di una vita contemplativa attiva, fatta di preghiera e di lavoro in condizioni ambientali non sempre favorevoli, vissuta all’insegna di un cristianesimo esigente e appassionato. Se non ci sono pervenuti scritti, regole o statuti, quello che comunque è rimasto nella tradizione è stato il frutto di santità di quelle comunità, il segno di una presenza che trasformava profondamente la società.
Anche l’antico costume celtico del fosterage, l’adozione temporanea di figli, servì all’opera dell’evangelizzazione, come nel caso di Ita, o Mida, una donna della Contea di Limerick, vissuta alla fine del VI secolo, conosciuta come la “Brigida del Munster”, e che fu madre adottiva di diversi santi irlandesi, come il celebre Brendano di Clonfert. Fanchea di Rossory, nella settentrionale Contea di Fermanagh, nata all’inizio del sesto secolo, è ricordata come una delle prime suore nella storia irlandese. Fu lei a persuadere il fratello Enda, incerto sulla propria vocazione, a diventare monaco; una scelta felice, dal momento che Sant’Enda diventò uno dei fondatori del monachesimo irlandese.
Tra queste figure femminili della Chiesa irlandese delle origini tuttavia si distingue in modo incomparabile colei che accanto a San Patrizio siede come patrona d’Irlanda Santa Brigida, ovvero Brigid di Kildare, colei che è considerata la Maria dei Gaeli, la grande santa cristiana che portava il nome di una antica dea. Brigida contribuì in modo decisivo a diffondere il cristianesimo nell’isola di smeraldo secondo le sue forme squisitamente celtiche, ovvero mistiche, poetiche, visionarie, conciliandolo con l’antica sensibilità spirituale.
Le antiche fonti agiografiche ci danno testimonianza di una personalità eccezionale, di una donna che seppe vivere ed interpretare i sogni che la abitarono, che seppe dare concretezza alle promesse annunciate da Patrizio, riuscendo così a trasfigurare il proprio mondo. Ella sapeva contagiare col proprio entusiasmo tutti coloro che venivano in contatto con lei: in lei c’era tutta la forza, l’energia, la tenerezza e la determinazione delle antiche figlie di Erin, illuminata e consolidata dalla potenza della Fede cristiana. Rappresentò quindi la principale figura ponte tra l’antico paganesimo e la nuova fede.
Era nata nel 462, l’anno in cui Patrizio fondava la prima delle sue scuole ad Armagh, ma non esiste alcuna documentazione che i due santi si siano mai incontrati, anche se una leggenda vuole che i genitori di Brigida fossero stati battezzati dallo stesso Patrizio. Kildare, il suo luogo di nascita, un villaggio situato a circa trenta miglia ad ovest dell’attuale Dublino, era una delle località dove più precocemente si era formata un’attiva comunità cristiana. Il suo nome in lingua irlandese, Cill Dara, significa “la Chiesa della quercia”, che era stato l’albero sacro della religione druidica.
Quando Brigida fondò a Kildare il suo primo convento, intorno al 490, volle che nell’interno della chiesa ardesse in permanenza il sacro fuoco, vegliato dalle monache, a ricordo di quello acceso da Patrizio a Tara. Il nome Brigid deriva etimologicamente dal termine celtico brig che significa forza, valore, e quindi colei che è eccelsa. Tale nome ricorre in toponimi sia inglesi che continentali, come Brigantia, Bregenz, Briançon, Brianza.
La Chiesa fissò la sua festa liturgica nella data del 1 febbraio, facendola cioè coincidere con l’antica festività celtica di Imbolc. Questa era la seconda delle quattro grandi feste dell’anno celtico e cadeva appunto il 1° febbraio. Il termine significa “lustrazione” e il rituale ha lasciato ampie tracce nel folklore. Nella tradizione irlandese la festa era verosimilmente connessa con la dea Brigit e indicava l’esaltazione del fuoco e dell’acqua lustrale. Una festa di purificazione, significato che conserva tuttora nel suo aspetto cristianizzato: festa della Purificazione della Vergine e della Candelora.
Come già accaduto per altre antiche festività pagane, come Samain, il capodanno celtico del 1° novembre, divenuto festa dei Santi e dei defunti, al posto di Imbolc e della antica dea Brigid subentrò, proprio il 1° febbraio, il culto di Santa Brigida, la quale ereditò alcune caratteristiche della dea sua omonima: essa resta infatti ancora oggi protettrice di fabbri, poeti e medici e viene raffigurata nell’arte con una fiamma sopra la testa e, a volte, con accanto una mucca, che fu un altro attributo di Brigid.
Le interpretazioni della figura di Santa Brigida come una semplice sovrapposizione a precedenti culti druidici, per quanto suggestive, vengono smentite dalle fonti storiche che testimoniano l’esistenza di antichissime congregazioni femminili, che si raccoglievano in preghiera in cappelle e oratori. Il volume di Monasterium ci propone il testo del primo biografo della santa, Cogitosus, un monaco del VII secolo. Oltre alla narrazione agiografica, il testo ci fornisce una descrizione vivida della vita monastica irlandese, un modello che si diffonderà in molti paesi soprattutto dell’area celtica.
In conclusione, queste vite di sante ci fanno comprendere che il Medioevo, dalle sue origini fino al XIV secolo, valorizzò pienamente la santità femminile, e ci sarebbe voluta poi tutta l’energia della modernità per respingere la donna ai margini della vita sociale e religiosa, illudendola di una sedicente “emancipazione”, ma di fatto relegandola in una posizione borghesemente subordinata.




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