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ENTRARE NELLA VITA EREMITICA


Sull’inizio di vita anacoretica con l’anziano Palamone

            «Pacomio si alzò e andò dal santo anziano Palamone. Bussò alla porta della sua casa. L’anziano guardò da uno spiraglio, lo vide e lo apostrofò rudemente: “Ehi perché bussi?”. Il suo linguaggio, infatti, ara un po’ brusco. Pacomio gli disse: “vorrei che tu mi permettessi di divenire monaco qui, accanto a te, padre”. L’anziano apa Palamone gli rispose: “Questo che cerchi non è cosa semplice. Molti sono venuti qui per questo, ma non hanno potuto resistere e sono tornati indietro, vergognosamente, per non aver voluto soffrire nell’esercizio delle virtù. Eppure la scrittura ce lo ordina in molti passi, esortandoci a soffrire in digiuni, veglie e numerose preghiere per salvarci. Ora dunque va’, torna a casa tua, tieni fermo quanto hai già acquisito e sarai degno di onore di fronte e Dio. Oppure esaminati su ogni punto, per sapere se sarai capace di resistere. Allora potrai tornare di nuovo, e quando sarai tornato, sarò pronto, nei limiti della mia debolezza, a soffrire con te, finché tu non conosca te stesso. Comunque sia, ti esporrò la misura del monachesimo. Tu te andrai, ti esaminerai e vedrai se potrai sopportarlo o No. Questa è la regola del monachesimo, secondo gli insegnamenti dei miei predecessori: noi passiamo sempre metà della notte – e spesso anche dalla sera alla mattina – vegliando, recitando la parola di Dio e facendo molti lavori manuali di filo, di lana, di fibra di palma, perché il sonno non ci sorprenda e per la sussistenza del corpo. Ciò che eccede i nostri bisogni, lo diamo ai poveri, secondo la parola dell’apostolo. Condire con olio, bere vino, mangiare cibi cotti, sono per noi cose sconosciute. In ogni tempo digiuniamo fino a sera: tutti i giorni, in estate, due o tre giorni consecutivi, in inverno. Questa è la regola della colletta: sessanta orazioni al giorno e 50 la notte, senza contare le giaculatorie, che facciamo per non essere mentitori, perché ci è stato ordinato di pregare senza interruzioni e colui che è triste preghi. Ugualmente, nostro Signore Gesù Cristo ordina ai suoi discepoli: Pregate per non cadere in tentazione, perché la preghiera è madre di tutte le virtù. Ecco che ti ho spiegato la regola del monachesimo; ora va ed esaminati su ogni punto. Se sei capace di fare ciò che ti ho spiegato e se non tornerai indietro, mi rallegrerò pienamente con te”. Quando Pacomio ebbe inteso queste parole dalla bocca dell’anziano Palamone e l’ebbe visto, rispose con modestia: “mi sono esaminato su ogni punto nei giorni scorsi, prima di venire dalla tua carità”. Subito Palamone discese, gli aprì la porta e lo baciò con un bacio puro».

sul modo di Vegliare
            «…Pacomio disse loro: “volete passare la notte in veglia?”. Gli risposero di si. Allora egli disse: “furono insegnate dal mio padre, il santo anziano apa Palamone, tre maniere di vegliare. A mia volta voglio dirvele, perché ne scegliate una: o pregate dalla sera fino alla mezzanotte, e poi vi coricate fino all’ora della sinassi; oppure vi coricate fino a mezzanotte, e poi pregate fino al mattino; oppure fate alternativamente un tempo di veglia e un tempo di sonno, dalla sera fino al mattino”».

sul non lasciare entrare nel cuore neppure un pensiero o un vizio
            «Se un tale comperasse una camera in una casa che ne ha 100, gli si potrebbe forse impedire di entrarci, anche se è situata in fondo a tutte le altre? È così anche del fedele: se possiede tutti i frutti dello spirito e ne trascura uno, non basta forse questa mancanza a renderlo debole di fronte al nemico? Di più, se non si riprende il nemico vincerà anche su un altro punto ».

sul modo di pregare di Pacomio
            «Un altro giorno, i fratelli, usciti per un incarico, riferirono a nostro padre pacomio che nel mondo si era diffusa una malattia contagiosa: la terra stessa minacciava di sparire. Quando Pacomio ne fu informato digiunava già da due giorni, ma si astenne dal mangiare fino all’indomani, dicendo: “non mangerò neppure io, se i miei fratelli hanno fame e non trovano pane”. Turante tutto il tempo della carestia, si mortificò di più in digiuni e abbondanti preghiere, adempiendo le parole dell’apostolo: se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui. Pregava il Signore con grande insistenza, perché facesse salire la acque del fiume ad un buon livello, sicché l’abbondanza regnasse sulla terra e gli uomini avessero il pane, mangiassero, vivessero e benedicessero il signore, compiendo la sua volontà».

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