L’eremita p. Michele Di Monte traducendo la biografia
di Paisij Veličovskij, attinge alla sapienza monastica della tradizione russa
per parlare alla Chiesa e ai cristiani del nostro tempo L’introduzione imposta
un criterio chiaro di discernimento tra tradizionalismo - da rifiutare - e
senso della tradizione, coscienza di essere sempre figli ed eredi nel campo
della fede cristiana e della vita della Chiesa.
Alla smoderata passione di novità che porta la
teologia a derive pericolose, egli contrappone l’umile riflessione sul dato
oggettivo della fede e il servizio alla comprensione autentica attraverso una
vita coerente al vangelo, vivendo la comunione ecclesiale, non solo in senso
orizzontale, ma anche verticale, nel senso di una sentita appartenenza a coloro
che fin dall’inizio hanno seguito il Signore. In questo senso il Commonitorium di Vincenzo di Lerins ha
ancora molto da insegnarci.
Nelle vicende biografiche di Paisij, nato a Poltava
nel 1722, quando le riforme illuministiche creavano conflitti con la Chiesa e il monachesimo,
colpisce la nostalgia sofferta di un padre spirituale, il desiderio di radicale
fedeltà al Vangelo, che porta Pietro (nome di battesimo di Paisij) a lasciare
gli studi teologici a Kiev e la prospettiva di una carriera ecclesiastica, per
non immergersi in una vita mondana segnata dal privilegio anziché dalla povertà
e dall’umiltà. La vocazione monastica matura in questa singolare personalità
fin dall’adolescenza; egli, che educato in famiglia alla preghiera, aveva
imparato a due anni a leggere sulle pagine dell’Horologion (il libro delle Ore)
vive diverse esperienze monastiche con la massima generosità e dedizione, ma
senza poter ricevere una formazione e una direzione spirituale che gli offrisse
una guida paterna e sicura. La tonsura monastica gli conferì dapprima il nome
di Platone. Ma poi la feroce persecuzione degli Uniati fu occasione del suo
ritorno a Kiev ove entrò nella Lavra delle Grotte; ivi ricevette notizie di sua
madre: dopo la sua partenza si era ammalata per il dolore, salvandosi dalla
morte e dalla follia con la recita dell’Akathistos alla Vergine, ottenne la
grazia non solo di accettare la vocazione del figlio, ma di diventare ella
stessa monaca. Il desiderio ardente del deserto e di una vita penitente porta
P. con altri due fratelli a recarsi in un monastero della Valacchia, dove
grande edificazione riceverà da Basilio di Poiana Măruluij, dall’anziano
Michele, da Onofrio, fedeli alle originarie tradizioni monastiche.
Dopo un periodo in Romania, passato al Monte Athos, non
trovando la vita spirituale che cercava, si diede all’eremitismo, sempre
tormentato dalla mancanza di un padre spirituale, praticando una dura vita di
ascesi e di penitenza. Il passaggio ivi di Basilio offrì al giovane
venticinquenne la grazia, sia pure momentanea, di ricevere da lui preziosi
insegnamenti sul combattimento spirituale. Dopo avergli conferito la tonsura,
Basilio mutò il nome di Platone in quello di Paisij e ricevette da Basilio
l’autorizzazione a condividere la vita monastica con un compagno, Bessarione,
animato dai suoi stessi propositi. La vita fraterna nell’obbedienza reciproca e
nell’unanimità di intenti prepara Paisij a diventare padre spirituale di un
cenobio. Contro la sua umile volontà che rifuggiva da questo compito egli
diviene padre di una moltitudine di monaci ed è costretto a cambiare sede di
volta in volta per l’accrescimento numerico e rapido che impone la costruzione
di nuove celle tra fatiche e sofferenze inenarrabili. Passa così dal Monastero
di Dragomira a quello di Secu e infine a quello di Neamţ, dove la sua vita
terrena avrà fine.
L’evento che cambia la sua vita è la possibilità di accedere agli scritti dei Padri monastici che egli traduce, trascrive, studia giorno e notte con quella passione che viene dall’umiltà, dal desiderio della sapienza, dalla passione di trasmettere la conoscenza di Dio e delle vie dello spirito ai fratelli. Per lui assetato di obbedienza a un padre nella fede, l’impossibilità di vivere sotto una guida personale diventa apertura alla scoperta dell’eredità spirituale dei grandi scritti monastici: esempio luminoso di amore alla tradizione intesa in modo autentico. Leggere la vita e l’epistolario di Paisij riportato in questo libro è incontrare un Santo in cui rifulgono le virtù monastiche in modo eroico e luminoso. La sua cura nel coltivare il cammino spirituale di ciascuno e l’atmosfera di intensa lode e ricerca di Dio lo rendeva altrettanto misericordioso quanto fermo ed esigente. Di estrema bellezza la liturgia in onore di lui che subito dopo la sua morte viene composta.
La biografia scritta da Platone monaco, figlio spirituale di Paisij, non è la sola. Altre furono composte, ma nessuna fu accettata dalla comunità senza riserve come questa. Averla resa fruibile al mondo occidentale con una bella traduzione è un merito notevole. La precisa classificazione dei manoscritti, la copiosa bibliografia, gli indici dicono la cura scientifica con cui questa opera è redatta. Ma da queste pagine emana anche un fascino singolare di santità, di autentica fede in Cristo e nella Chiesa, una saggezza di sguardo sul mondo ecclesiale e monastico che lasciano trasparire una sorte di onnaturalità tra il curatore dell’opera e il grande Paisij.
L’evento che cambia la sua vita è la possibilità di accedere agli scritti dei Padri monastici che egli traduce, trascrive, studia giorno e notte con quella passione che viene dall’umiltà, dal desiderio della sapienza, dalla passione di trasmettere la conoscenza di Dio e delle vie dello spirito ai fratelli. Per lui assetato di obbedienza a un padre nella fede, l’impossibilità di vivere sotto una guida personale diventa apertura alla scoperta dell’eredità spirituale dei grandi scritti monastici: esempio luminoso di amore alla tradizione intesa in modo autentico. Leggere la vita e l’epistolario di Paisij riportato in questo libro è incontrare un Santo in cui rifulgono le virtù monastiche in modo eroico e luminoso. La sua cura nel coltivare il cammino spirituale di ciascuno e l’atmosfera di intensa lode e ricerca di Dio lo rendeva altrettanto misericordioso quanto fermo ed esigente. Di estrema bellezza la liturgia in onore di lui che subito dopo la sua morte viene composta.
La biografia scritta da Platone monaco, figlio spirituale di Paisij, non è la sola. Altre furono composte, ma nessuna fu accettata dalla comunità senza riserve come questa. Averla resa fruibile al mondo occidentale con una bella traduzione è un merito notevole. La precisa classificazione dei manoscritti, la copiosa bibliografia, gli indici dicono la cura scientifica con cui questa opera è redatta. Ma da queste pagine emana anche un fascino singolare di santità, di autentica fede in Cristo e nella Chiesa, una saggezza di sguardo sul mondo ecclesiale e monastico che lasciano trasparire una sorte di onnaturalità tra il curatore dell’opera e il grande Paisij.
Milano
Monastero san Benedetto
Madre
Geltrude del Divin Cuore
Commenti
Posta un commento