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PER NATALE: RIVESTIAMOCI DI CRISTO!


“Al principio”, nel tempo della prova decisiva per l’uomo, il fallimento clamoroso della sua opzione l’ha fatto cadere al di sotto del suo essere e l’ha immerso nella vita dei sensi e della materia; l’uomo è divenuto carnalmente e sensualmente ottenebrato. L’economia della salvezza lo innalza al di sopra del suo essere, fino al piano della nuova creatura. La dialettica di san Paolo ha qui il suo punto di partenza: “Quantunque l’uomo esterno si disfaccia, pure l’uomo interno si rinnova di giorno in giorno” (2Cor 4,16). “Avete svestito l’uomo vecchio coi suoi atti e rivestito il nuovo” (Col 3,9).
La vita spirituale si orienta da allora precisamente verso questa metamorfosi: “rivestire l’uomo nuovo”. Il “nuovo” di quest’uomo è nel fatto che egli non è più solo; più profondamente e al centro della sua trasformazione è l’ “uomo rivestito di Cristo”, “l’essere cristificato”.
I Padri prendono in un certo senso alla lettera il fatto di rivestire il Cristo e vedono in questo la proiezione, o più esattamente il prolungamento nell’uomo dell’incarnazione del Verbo, perpetuata anzitutto nel mistero eucaristico. Essi insegnano perciò non a “imitare” ma a “interiorizzare” il Cristo. Questa interiorizzazione non è una pura metafora, che forzerebbe i termini, ma ha radici profonde in Dio stesso. Se l’incarnazione riflette una certa antropomorfia di Dio (una misteriosa conformità originale la condiziona), essa rivela soprattutto e sicuramente la teomorfia dell’uomo. Da un punto di vista biblico l’incarnazione perfeziona la nostra natura fatta a immagine di Dio e rivela la struttura manifestamente cristologica della vita spirituale.
L’uomo percorre così una distanza vertiginosa all’interno del suo essere. San Paolo cita un inno della Chiesa primitiva che ha una carica dinamica esplosiva: “Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo t’inonderà di luce”. Una variante ne rafforza ancora il senso: “e toccherai il Cristo” (Ef 5,14). Questo passaggio dallo stato di morte allo stato di vita, dall’inferno al Regno, è esattamente l’itinerario della vita spirituale.
Lo spiritualismo moralizzante riduce la salvezza al perdono della disubbidienza. L’ontologia biblica, vigorosa ed esigente, conduce la catarsi (purificazione) morale verso la catarsi ontologica, e questo significa il mutamento dell’intero essere umano, anima, corpo e spirito. E’ anche l’affermazione più forte dell’esegesi patristica che sottolinea l’appello dell’evangelo alla metanoia: “Ravvedetevi perché il Regno dei cieli è vicino” (Mt 3,2).; sarebbe più esatto dire “trasformatevi”, perché si tratta di un pentirsi nel senso più forte, di un mutamento completo della mentalità e di tutto l’essere umano.
L’incontro con Dio non potrebbe aver luogo nello stato della natura decaduta; esso presuppone la restaurazione preliminare della natura nel sacramento del battesimo. Il battesimo è difatti, secondo i Padri, una vera e propria nuova creazione dell’essere redento. Il pentimento – la metanoia – nel suo senso più forte dev’essere portato fino alle radici di tutte le facoltà mentali, volitive ed affettive, fino al centro dell’essere intero: corpo e spirito. Nella sua famosa dottrina sulla ricapitolazione di tutta la natura in Cristo, sant’Ireneo segue da vicino san Paolo. Il quarto evangelo lo sottolinea quando parla della “seconda nascita”; i due termini, metanoia e nascita, esprimono in modo molto chiaro questa profonda modificazione dell’essere umano e indicano la sua entrata nel mondo dello Spirito, i cui principi sono opposti ai principi di questo mondo. Tra l’essere battezzato e il non battezzato si apre un abisso, la distanza infinita delle due nature. Per sottolineare il carattere dell’assolutamente nuovo, i Padri si servono di preferenza del miracolo delle nozze di Cana, del mutamento dell’acqua in vino. Il simbolismo di questa immagine fa convergere il battesimo nell’eucarestia; in realtà l’acqua battesimale ha il valore del sangue di Cristo, insegna Nicola Cabasilas, “essa distrugge una vita e ne riproduce un’altra: … noi lasciamo la tunica di pelle per rivestire un mantello regale”.
Si comprende ora fino a qual punto la vita spirituale operi una rottura completa. Non è la stessa vita alla quale si aggiungano uffici, letture e atteggiamenti pii, ma è essenzialmente una rottura, un combattimento, una violenza che prende d’assalto i cieli e s’impadronisce del Regno. Sulla soglia di questa vita risuona la parola di san Paolo: “Ecco, ogni cosa è nuova” (2Cor 5,17).
L’evangelo ricorda il potere tremendo del principe di questo mondo; san Paolo, chiamandolo “dio di questo mondo” (2Cor 4,4), sottolinea la condizione di alienazione dell’uomo a causa delle potenze demoniache, ed è questo potere di Satana che esige la rottura radicale. Ce lo mostra il simbolismo del sacramento del battesimo: l’immersione totale significa la morte vera e totale al passato colpevole, l’emersione, la vittoria definitiva, la risurrezione alla nuova vita. Tuttavia, la “promessa” del battesimo, la “grande professione battesimale”, di fede nella Trinità, presuppone un’operazione di purificazione e un atto personale dello spirito umano. La Chiesa prende molto sul serio il potere del male e la sua ira omicida; per questo i riti antichi pongono prima del battesimo – lavacrum – il rito dell’esorcismo e della solenne rinuncia al maligno.
Il sacerdote ripete l’atto divino, soffia sul volto del “morto” il soffio di vita, analogo al soffio di vita al momento della creazione dell’uomo. Di fronte all’Occidente, regno del principe di questo mondo, dove la luce del giorno scompare, il neofita rinunzia al passato, posto sotto la potenza del nemico. Egli mima simbolicamente la lotta che dovrà sostenere per tutto il corso della sua vita spirituale; volgendosi verso Oriente, dove il giorno appare, confessa la sua fede e riceve la grazia.
Questo rituale contiene in germe l’essenziale della nuova esistenza. Negativamente, è la lotta incessante; positivamente, è la metamorfosi chiesa nella preghiera finale del battesimo, dagli accenti così paolini: “O Dio, spoglialo del vecchio uomo, rinnovalo e colmano con la potenza del Tuo Spirito Santo, nell’unione con Cristo”.
E’ l’intenso sommario della vita spirituale, il so progresso non ha mai fine: “Chi mette la mano all’altro e poi riguarda indietro non è adatto al regno di Dio” (Lc 9,62). Ogni arresto è un regresso. Il carattere totalitario della consacrazione del battezzato è confermato e sottolineato dal rito della tonsura e lo pone nell’estrema tensione di ogni istante, nell’aspirazione a ciò che è ultimo, impossibile. Il rito della tonsura, parte organica del sacramento della confermazione nella Chiesa orientale è identico a quello dell’ingresso nell’ordine monastico. La preghiera del rito dice: “Benedici il tuo servitore che è venuto a offrirti come primizia la tonsura dei capelli del suo capo!”. Il senso simbolico è chiaro, è l’offerta totale della sua vita. Passando per la tonsura, il laico si ritrova monaco del “monachesimo interiore”, sottomesso alle esigenze assolute dell’evangelo. La fedeltà del neofita resisterà alla prova del tempo e all’assalto delle tentazioni, perché il Cristo combatterà in lui, con lui.

Pavel Evdokimov
Le età della vita spirituale

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