• di don Dario Chiapetti •
Esce per il pubblico italiano (a gennaio
uscirà il II volume) il classico Asceti contemporanei del monte Athos.
Ascesi e purificazione sulla via del Paradiso (introduzione e note a
cura di padre Michele Di Monte, Edizioni Monasterium, 2019, 193 pp., 20 euro;
titolo originale: Contemporary Ascetics of Mount Athos, St. Herman
of Alaska Brotherhood, 1992) dell’archimandrita Cherubim, al secolo Giorgio
Karembelas (1920-1979), monaco del monte Athos stabilitosi a soli due anni
dalla tonsura, a causa di una malattia, ad Atene, dove fondò il monastero del
Santo Paraclito in Oropos con una regola athonita.
Il testo riporta le storie e i cammini spirituali degli anziani Joachim
della skiti di sant’Anna (confratello dello stesso Cherubim),
Atanasio di Grigoriou e Callinico l’esicasata ma anche, connesse a queste, di
Daniele di Katounakia, Filarete di Constamonitou e Gerasimo Menagias. Sono
queste le figure di grandi asceti vissuti nella prima metà del XX secolo.
In primo luogo, dai racconti si riceve un quadro vivo e preciso di questa
secolare realtà (sorta nel IX secolo) che suscita tutt’oggi l’interesse e la
curiosità di molti pellegrini e turisti da tutto il mondo: il monte Athos (Aghion
Oros).
Repubblica monastica autonoma, penisola che si situa, a sua volta, sulla
penisola calcidica (Grecia), l’Athos è soggetto alla giurisdizione
ecclesiastica del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, conta circa 1.500
abitanti (monaci ortodossi) distribuiti in 20 monasteri, 12 skiti (comunità
di monaci sorte attorno a delle chiese) e circa 250 celle (per l’eremitaggio).
Ogni monastero, oltre al proprio abate (igumeno) elegge il proprio
rappresentante per la Sacra Comunità, l’organo che esercita, nella città
principale (Karyes), il potere legislativo su tutto il monte.
L’Athos è conosciuto in gran parte per la bellezza del suo paesaggio, degli
elementi naturali, delle imponenti e suggestive costruzioni medioevali, della
qualità artistica degli affreschi che impreziosiscono gli ambienti di queste
ultime e gli oggetti religiosi in esse custoditi. Ma sopra tutto ciò, è la vita
che sull’Athos si svolge che vale la pena scoprire e che il testo intende far
conoscere.
In tutti i racconti dell’Autore emerge con nitidezza l’anelito di ogni
protagonista ad una vita compiuta e realizzata che solo in una scelta radicale
di cammino ascetico, come quella che propone l’Athos, ha trovato terreno per il
suo attuarsi. Senza ripercorrere qui le vite dei monaci presentate da Cherubim
mi soffermo brevemente – allacciandomi anche al cammino attuale della Chiesa
cattolica – sulla parola chiave per leggere il testo e le figure presentate dal
testo: ascetismo.
Con tale termine si intende comunemente il complesso di pratiche con le
quali l’uomo, in virtù della grazia di Dio a lui da Questi donata, la accoglie
e la fa propria. Ebbene, oggi giorno, soprattutto da parte cattolica, si sta
acquisendo rinnovata consapevolezza della necessità per la Chiesa – per essere
se stessa – di farsi prossima soprattutto con i più bisognosi, instaurare ponti
soprattutto con chi si presenta come “lontano”, ecc. Si sta recuperando la nota
di gioia, di propositività e di positività che caratterizzano il volto e l’atteggiamento
del cristiano. Il magistero di papa Francesco è maestro in questo. Ma c’è un
altro aspetto del vangelo, fortemente richiamato, in pieno stile gesuitico,
dallo stesso pontefice, che non va perso di vista: quello, appunto,
dell’ascesi, e, a questo connesso, della rinuncia, della penitenza. Ciò che si
evince dalle vite di questi Anziani è che una chiesa “in uscita”, cioè che
comunica, contagia, illumina, ecc., non è “Adamo”, l’uomo vecchio, che, invece
di essere Adamo in sagrestia, è Adamo che sta fuori dalla sagrestia, ma l’uomo
nuovo che, in quanto rinnovato, morto e risorto nella morte e risurrezione di
Cristo, esce, esiste come annunciatore – direi annuncio – della buona notizia.
Questo non vuol dire – si badi bene – che prima si diviene uomini
nuovi e poi si esce incontro agli altri. Uscire può
rappresentare un’ottima occasione per rinascere, anzi, per morire e rinascere
(anche se il luogo fontale della morte e rinascita rimane quello
ecclesiale-sacramentale, e quindi per un cristiano adulto, l’eucaristia). Ora,
se l’ascesi è – come scrive Di Monte nell’introduzione – la scala di Giacobbe
(cfr. Gen 28,12-13), il far nascere l’uomo interiore sulla
morte dell’uomo esteriore (cfr. 2Cor 4,18) o – in altri
termini – l’entrare in comunione con l’essere di Dio, “uscire” (non
innanzitutto in senso fisico) è vero uscire se è cammino ascetico, e viceversa,
il vero cammino ascetico è questo “uscire” dal modo d’esistere d’Adamo,
autoaffermativo, autocentrato, egoista, verso il modo d’essere di Dio, comunionale.
Un’autentica acquisizione del modo d’esistere di Dio è quindi un andare
incontro agli altri e ciò non può che essere gioia e dolore,
gioia per l’uomo nuovo che sta nascendo, che inizia a gustare in sé l’essere
esodale-comunionale di Dio e dolore per l’uomo vecchio che viene portato così
alla morte.
Ora, ciò che mette in evidenza il presente testo è che l’ascetismo di
questi Anziani – una forma di ascetismo duro, da comprendere nelle sue radici
storiche, caratterizzato da incredibili privazioni, abnegazioni e isolamenti
che possono urtare la nostra sensibilità non solo di uomini ma anche di fedeli
– è ciò che sta alla base del cristiano gioioso.
Come emerge dai racconti tale ascetismo è risposta d’amore all’invito da
parte di Dio di accogliere il suo essere, risposta che non può che far andare
l’uomo contro la propria natura umana che, in quanto segnata dal peccato, si
oppone al modo d’esistere comunionale come è quello divino. Il cammino ascetico
comporta dunque il passaggio – che, se avviene realmente, non può non essere
indolore – «dallo stato – prosegue Di Monte – “contro natura” allo stato
“secondo natura”». Come secondo aspetto, e diretta conseguenza di ciò,
il cammino ascetico – e le vite di Joachim, Atanasio e Callinico lo attestano
vivissimamente – porta la persona a fiorire nella carità verso gli uomini e la
creazione tutta.
La lezione di questi Anziani è chiara:
l’ascetismo non consiste nel chiudersi alla vita ma al modo adamitico di
viverla, non consiste nell’autopunirsi per i peccati prima che ci pensi Dio ma
muovere la propria natura dal modo d’esistere di Adamo a quello di Dio
offertoci in Cristo. E così ogni fedele è invitato a
riscoprire il significato evangelico dell’ascetismo e il suo valore per una
vita veramente gioiosa, veramente in uscita.
[fonte: ilmantellodellagiustizia.it]
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