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NATIVITÀ DELLA MADRE DI DIO



Nella tradizione eremitica la Natività della Madre di Dio segna l’inizio delle grandi feste liturgiche: “La celebrazione odierna è per noi l’inizio delle feste”esordisce Sant’Andrea di Creta nel suo sermone in occasione di tale festa (omelie,43). La nascita della Tutta Pura, “Tabernacolo dell'eterna gloria” e “Dimora tutta consacrata a Dio” stabilisce l’elemento essenziale per la successiva venuta del Salvatore.
Probabilmente la festa della Natività ebbe origine nella Chiesa di Gerusalemme intorno al V sec. ove era molto forte la tradizione che voleva la casa natale della Vergine situata vicino alla piscina probatoria. La prima traccia sicura risale però al VI secolo, durante il regno di Giustiniano I, e consiste in una composizione di Romano il Melode datata fra il 536 e il 556. Verso la fine del VI secolo - inizi del VII, la Chiesa Costantinopolitana fissò per i primi di settembre la festa della Natività di Maria, non per motivi storici, ma per un semplice parallelismo simbolico. Nel mese di settembre, infatti, iniziava l’anno ecclesiastico e civile nell’impero bizantino, è plausibile quindi che la Chiesa Costantinopolitana abbia voluto identificare questo inizio con l’avvio di tutta l’economia della Salvezza, partita appunto con la nascita della Deipara. Una ipotesi vuole che la scelta di questa data sia stata influenzata dalla coincidenza delle feste che onoravano le divinità matriarcali pagane. “Per la Chiesa bizantina, che doveva confrontarsi con l'astrologia (anche nel proprio interno) e con il mito degli astri dei Bogomili, questa scelta esprimeva non soltanto la sostituzione di una festa pagana, ma soprattutto la vittoria di Cristo su satana e i suoi adepti, vittoria a cui partecipava Maria, sua madre.” (Egon Sedler, La Natività della Madre di Dio, in "Le Icone bizantine della Madre di Dio" Ed. Paoline). 
La Chiesa di Roma iniziò a celebrare questa festività soltanto a partire dal 688, quando il papa Sergio I, lo testimonia il Liber Pontificalis, stabilì che l’8 settembre si dovesse celebrare la festa con una processione dalla Chiesa di sant’Adriano al foro, alla Basilica di Santa Maria Maggiore.
Tutte le icone della natività della Vergine osservano in modo abbastanza fedele la stessa tipologia ispirata in parte alla tradizione della Chiesa (Gregorio di Neocesarea il Taumaturgo, Atanasio di Alessandria, San Gregorio di Nissa e Dionigi l’Aeropoagita) ed in parte al Protovangelo di Giacomo, il cui titolo originale era per l’appunto la “Natività di Maria”. Nelle icone della Natività convergono moltissimi elementi della tradizione popolare, che se da un lato rendono assai colorita la scena, dall’altro contribuiscono in modo consistente a rendere la rappresentazione quanto mai “terrestre”, ciò a detrimento dei contenuti teologici ed astratti tipici delle Icone sacre. Per sottolineare l’importanza di un personaggio, nel periodo classico greco-romano, si poneva grande enfasi al momento della nascita: più particolareggiate erano le scene, maggiore era il riguardo del personaggio rappresentato. Così la tradizione popolare vuole le Icone della Natività di Maria ricchissime di dettagli.
Lo scenario è l’interno di una casa 'nobile', quella di san Gioacchino. Le esigenze della prospettiva inversa, caratteristica tipica delle Icone antiche, non consentono però la rappresentazione di un locale chiuso, quindi convenzionalmente si ricorre all’adozione di un drappo rosso posto sopra i tetti o la facciata delle case.
Sul lato sinistro dell’Icona campeggia la figura di Anna, stesa su un grandecline incurvato, simbolo dell’amore coniugale, qualche istante dopo aver messo al mondo Maria. La puerpera è in genere rappresentata subito dopo il parto in atteggiamento di contemplazione. Nella scena, secondo un Apocrifo – il Libro Armeno - Anna chiese alla levatrice: “Che ho messo al mondo?”. La levatrice rispose. “Una femmina!”. Ed Anna riprese: “E’ stata magnificata l’anima mia in questo giorno!”.
In analogia alle icone della Natività di Gesù, l’atteggiamento di Anna è quello della riflessione sulle meraviglie che il Signore ha operato in lei. Con grandissima compostezza, nella sua silenziosa gioia, tutta interiore, Anna grida le lodi del Signore: “Nel mio seno nutro il frutto della benedizione. Mi sono spogliata della veste della sterilità e ho indossato quella splendente della felice fecondità!”.
La grande enfasi posta sulla figura di Anna si traduce in un’esaltazione di quella di Maria, come giustamente dice San Giovanni Damasceno: “Perché occorreva che a Lei, la sola cosa nuova sotto il sole, la meraviglia delle meraviglie, la strada fosse preparata da meraviglie e, a poco a poco, dalle situazioni più misere scaturissero le realtà più grandiose” (san Giovanni Damasceno Omelia sulla Natività di Maria).
La casa di Gioacchino è particolarmente ricca, lo provano gli ornamenti architettonici e gli arredamenti: i ricchi capitelli, i tappeti e le ricercate decorazioni. Inoltre ci sono molti servitori che accudiscono i due personaggi sacri. La tradizione vuole che Gioacchino fosse un uomo molto facoltoso; il Protovangelo di Giacomo riferisce che quando l’angelo avvisò il santo del concepimento di Anna, questi ordinò ai suoi pastori di preparare un olocausto per il Signore ed un gran banchetto per i suoi vicini: “Portatemi qui dieci agnelli senza macchia e senza difetto, perché questi dieci agnelli sono per il Signore. Portatemi anche dodici vitelli teneri e questi dodici vitelli sono destinati ai sacerdoti e al consiglio degli anziani; e cento capretti destinati, questi, a tutto il popolo”. Alcune versioni di questa Icona pongono particolare enfasi al letto di Anna, il cui drappeggio spesso presenta fregi ed accessori particolari; a volte anche il cuscino su cui poggia Anna è riccamente decorato da preziose bordure. Il copriletto è in genere bianco e con la sua luce sembra avvolgere la donna, quasi a voler raffigurare la luce di Dio che permise al seno sterile di Anna di dare al mondo Maria. “Io non ho né una parola, né un’intelligenza che siano in grado di lodare la grandezza del beneficio e la perfezione del dono del Signore. Infatti, la figlia ci è stata data non solo dalla natura e la nascita dell’illustre bambina non dipende dalle sue leggi, ma molto di più dalla parola e della potenza di Dio” (Niceta il Paflagone, Omelia I sulla natività della SS Madre di Dio).
La culla in cui è deposta Maria in fasce denota un alto grado di decoro ed una notevole agiatezza, in alcune raffigurazioni è presentata con delle slitte per essere dondolata.
I personaggi centrali dell’Icona sono senza dubbio Anna e la Beata Vergine, a Gioacchino viene riservato un posto alquanto marginale; in alcune Icone si affaccia da una finestra dall’alto della stanza, in altre è posto sopra qualche tetto, in ogni caso la sua figura è assai più piccola di quella degli altri partecipanti alla scena. La minore importanza data all'uomo si traduce però in una ulteriore lode a Dio, perché la “natura” rappresentata da Gioacchino, che è pur tuttavia presente, nell’Icona ha un ruolo secondario: “La natura è stata sconfitta dalla Grazia e si è arrestata tremante, non osando precederla. Perciò quando la Vergine Madre di Dio stava per essere generata da Anna, non osò la natura prevenire il germoglio della Grazia, ma rimase senza frutto finché la Grazia non produsse il suo. Bisognava che nascesse primogenita colei che avrebbe generato il ‘Primogenito di tutta la creazione’, in cui l’universo ha il suo fondamento” (San Giovanni Damasceno, Omelia sulla Natività della Santa Vergine). Il santo osserva comunque felice la pargoletta deposta nella culla, il suo atteggiamento è di profonda gioia e lode: “Signore mio Dio, ti loderò; glorificherò il tuo santo nome, ‘perché hai eseguito progetti meravigliosi, concepiti da lungo tempo, fedeli e veri’(Is 25,1)” questa la preghiera che Niceta il Paflagone pone fra le labbra del santo genitore. Soltanto nelle tarde raffigurazioni Gioacchino appare nell’icona con pari dignità di Anna, entrambi nell’atto di effondere le loro tenere attenzioni verso la Bambina.
Maria in fasce è più volte presente nell’Icona, Ella appare sia in braccio alla levatrice, che le fa il bagnetto, sia distesa nella culla avvolta tutta in fasce tranne la testa.
In tutte le rappresentazioni figura la tenera ed intima scena del bagnetto: la levatrice tiene la piccola Maria in braccio, mentre saggia la temperatura dell’acqua, un’ancella nel frattempo versa acqua nel catino. Il tema del bagno non pare però derivare da una specifica tradizione, quanto dall’uso iconografico già invalso nell’arte pagana di rappresentare così un personaggio singolare.
E’ essenziale però constatare che in tutte le rappresentazioni la bambina viene proposta con il nimbo, segno di santità, e con le scritte liturgiche M(éte)r Th(uo)ù, cioè Madre di Dio, palese segno della santità di Maria.“Questa è la Madre di Dio, Maria, nome pronunziato da Dio, dal cui seno divinissimo provenne con la carne, e che egli stesso formò in modo soprannaturale, costruendola come tempio per sè.” (Sant’Andrea di Creta, Omelie, 50-1).
Diverse donne, in atto di servizio, circondano Maria ed Anna e come era usanza per gli schiavi, queste hanno tutte il capo scoperto e portano vestiti senza maniche o, al massimo a mezze maniche, volendo simboleggiare il fatto che le loro braccia sono destinate al servizio nella casa. Una donna porge alla puerpera una coppa con farmaco, mentre altre portano delle uova; “l’uovo è simbolo della fecondità, del rinnovamento, della nascita e della rinascita.”(M. Eliade, Trattato di storia delle religioni). Altre donne con dei flabelli variopinti rinfrescano sia la puerpera che la bambina.

“(..)giachè una dimora ospitale è stata disposta per il Verbo creatore di tutte le cose; una nube di luce avvolge il Sole di giustizia; allo Sposo immortale viene eretto un talamo di divino splendore; per colui che intreccia le stagioni con i tempi e gli anni viene preparato un incontro nuziale”
[Teodoro Studita,
Sulla natività della Signora nostra Madre di Dio].


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