Il linguaggio della croce è follia per quelli che si perdono;
per noi che ci salviamo, invece, potenza di Dio (1 Cor. 1, 18). L'uomo
spirituale, infatti, "giudica ogni cosa" (1 Cor. 2, 15), mentre
quello animale non accetta le cose dello Spirito (1 Cor. 2, 14). Follia è,
infatti, quella di coloro che si rifiutano di credere e di riflettere sulla
bontà e l'onnipotenza di Dio, indagando sulle realtà divine con le loro
categorie umane e naturali, senza rendersi conto che tutto ciò che riguarda la
divinità trascende la natura, la razionalità e la conoscenza. Se ci si domanda,
infatti, il come ed il perché Iddio abbia creato dal nulla tutte le cose, e si
cerca di scoprirlo con le sole facoltà razionali che la natura ci mette a
disposizione, non si approda a nulla, giacché una scienza come questa è
terrestre e diabolica. Tutto è semplice e lineare invece, ed il cammino è
spedito per chi, condotto per mano, per cosi dire, dalla fede, va alla ricerca
del Dio buono, onnipotente, vero, sapiente e giusto. Senza la fede, infatti,
nessuno può salvarsi (cf. Eb 11, 6): è in virtù della fede che tutte le
cose, sia le umane che le trascendenti, acquistano significato e valore. Senza
l'intervento della fede il contadino non ara il suo campo, il mercante non
mette a repentaglio la sua vita, su di una piccola nave, fra le onde tempestose
del mare; senza fede non si contraggono matrimoni né si porta a termine
alcun'altra attività della vita. È la fede a farci comprendere come tutto sia
stato creato dal nulla grazie alla potenza divina. Con la fede intendiamo
correttamente ogni cosa, umana o divina che sia. La fede, insomma, è il
consenso formulato senza riserve.
Tutte le opere ed i miracoli compiuti dal Cristo, dunque,
appaiono manifestazioni grandiose, divine, straordinarie; la più strepitosa di
tutte, però, è la sua venerabile croce. t grazie a questa, infatti, e non ad
altro, che la morte fu sconfitta, il peccato del progenitore ricevette la sua
espiazione, l'inferno venne spogliato, fu elargita la risurrezione; è stata la
croce a guadagnarci la forza di disprezzare i beni del mondo e persino la
morte, a prepararci il ritorno all'antica beatitudine, a spalancarci le porte
del cielo; soltanto la croce del Signore nostro Gesù Cristo, infine, ha elevato
l'umanità alla destra di Dio, promuovendoci alla dignità di suoi figli ed
eredi. Tutto questo ci ha procurato la croce! Tutti noi, infatti, ricorda
l'Apostolo, che siamo stati battezzati in Cristo, siamo stati battezzati nella
sua morte (Rm. 6, 3). Tutti noi, battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di
Cristo (Gal. 3,27). E Cristo, poi, è potenza e sapienza di Dio (1 Cor. 1, 24).
Ecco, la morte di Cristo, cioè la croce, ci ha rivestito dell'autentica potenza
e sapienza di Dio. La potenza di Dio, da parte sua, si manifesta nella croce, sia
perché la forza divina, cioè la vittoria sulla morte, ci si è mostrata
attraverso la croce; sia in quanto, allo stesso modo come i quattro bracci
della croce si uniscono fra loro nel punto centrale, così pure, attraverso la
potenza di Dio, si assimilano l'una con l'altra l'altezza e la profondità, la
lunghezza e la larghezza: in altre parole, tutta la creazione, nella sua
dimensione materiale come in quella invisibile.
La croce è stata impressa sulla nostra fronte come un segno,
non diversamente dalla circoncisione per Israele. In virtù di questo segno, noi
fedeli siamo riconosciuti e distinti dagli increduli. La croce è per noi lo
scudo, la corazza ed il trofeo contro il demonio. È il sigillo grazie al quale
l'angelo sterminatore ci risparmierà, come afferma la Scrittura (cf. Ebr. 11,
28). E lo strumento per risollevare coloro che giacciono, il puntello a cui si
appoggia chi sta in piedi, il bastone degli infermi, la verga per condurre il
gregge, la guida per quanti si volgono altrove, il progresso dei principianti,
la salute dell'anima e del corpo, il rimedio di tutti i mali, la fonte d'ogni
bene, la morte del peccato, la pianta della risurrezione, l'albero della vita
eterna.
Questo legno davvero prezioso e degno di venerazione, perciò,
sul quale Cristo si sacrificò per noi, deve giustamente divenire oggetto della
nostra adorazione, giacché fu come santificato dal contatto con il santissimo
corpo e sangue del Signore. Come pure si dovrà rivolgere la nostra devozione ai
chiodi, alla lancia, agli indumenti ed ai santi luoghi nei quali il Signore si
è trovato: la mangiatoia, la grotta, il Golgota che ci ha recato la salvezza,
il sepolcro che ci ha donato la vita, Sion, roccaforte delle Chiese, e tutti
gli altri... Se, infatti, ricordiamo con affetto, fra gli oggetti che son stati
nominati, la casa ed il letto e la veste del Signore, quanto più dovranno
esserci care, tra le cose di Dio e del Salvatore, quelle che ci hanno procurato
anche la salvezza?
Adoriamo l'immagine stessa della preziosa e vivificante croce,
di qualunque materia sia composta! Non intendiamo onorare, infatti. l'oggetto
materiale (non sia mai!), bensì il significato ch'esso rappresenta, il simbolo,
per così dire, di Cristo. Egli stesso, d'altronde, istruendo i suoi discepoli,
ebbe a dire: Apparirà allora nel cielo il segno del Figlio dell'uomo (Mt. 24,
30), cioè la croce. Ed anche l'angelo che annunciò alle donne la risurrezione
di Cristo disse: Voi cercate Gesù di Nazaret, il crocifisso (Mc. 16, 6). E
l'Apostolo, da parte sua: Noi predichiamo, avverte, il Cristo crocifisso (1
Cor. 1, 23). Vi sono, infatti, molti Cristi e Gesù; uno solo, però, è il
crocifisso. L'Apostolo, poi, non dice: "colui che è stato trafitto dalla
lancia", bensì "il crocifisso". Dobbiamo, perciò, adorare il
simbolo del Cristo: ovunque, infatti, si troverà quel segno, lì sarà presente
il Signore stesso. La materia di cui è composta l'immagine della croce, invece,
anche se fosse d'oro o di pietre preziose, non è più degna di alcuna
venerazione, una volta scomparsa, per qualsiasi motivo, la figura originaria.
Tutti gli oggetti consacrati a Dio, perciò, noi li veneriamo in modo tale, da
riferire alla persona divina il culto che osserviamo per essi.
[SAN GIOVANNI DAMASCENO,
Esposizione della fede ortodossa, 4, 11]
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