Abbiamo chiesto a p. Michele di spiegarci che cosa chiediamo veramente al Signore quando gli domandiamo di "Non indurci in tentazione".
Con la sua consueta umiltà ci ha citato alcuni passi dei santi padri che riportiamo qui di seguito.
Buona lettura a tutti.
***
Quando siamo intenti alla
preghiera, egli ci comanda di dire: Non ci indurre in tentazione.
Luca conclude la preghiera con queste parole, ma Matteo aggiunge: Ma
liberaci dal maligno (Mt 6,13). C’è una certa stretta connessione
nelle frasi, perché quando le persone non sono indotte in tentazione
sono anche liberate dal maligno. Se qualcuno forse volesse
dire che non esservi indotto è la stessa cosa che essere liberato da esso,
questi non errerebbe lontano dalla verità.
[Cirillo di Alessandria
Commento a Luca, omelia 77]
Commento a Luca, omelia 77]
Alla completezza della
preghiera, che era così adeguata, Cristo ha aggiunto che dobbiamo pregare non
solo che i nostri peccati siano perdonati, ma anche che possiamo
evitarli: non ci indurre in tentazione, cioè: non
lasciare che siamo indotti, certo da colui che tenta; del resto lungi da noi
che il Signore sembri tentare, come se non fosse consapevole della fede di
ciascuno o cercasse di sviarlo! Questa debolezza e questo
dispetto appartengono al diavolo. Anche nel caso di Abramo, Dio ha ordinato il
sacrificio di suo figlio non per tentare la sua fede, ma per provarla, per dare
per suo tramite un esempio del suo comandamento che presto avrebbe stabilito,
cioè che nessuno deve amare i suoi cari più di Dio. Cristo stesso fu tentato
dal diavolo e mostrò il capo e l’artefice della tentazione. Conferma questo
passo con quello che segue: Pregate di non entrare in tentazione
(Lc 22,46); essi furono tentati di abbandonare il Signore perché si erano
abbandonati al sonno invece di pregare. Corrisponde a questo la sentenza finale
che spiega cosa significhi: non ci indurre in tentazione, cioè: liberaci
dal male.
[Tertulliano
La preghiera 8,1-6]
La preghiera 8,1-6]
Il Signore insiste su un’altra
intenzione : Non sopportare che noi siamo indotti in tentazione. Da
queste parole risulta che l’avversario non può nulla contro di noi senza il
permesso preventivo di Dio.
Per questo dobbiamo volgere a Dio tutto il
timore, la pietà e l’attenzione, perché nelle tentazioni il potere del
maligno dipende dal potere di Dio. Il che prova la Scrittura , quando dice : Nabucodonosor,
re di Babilonia, venne a Gerusalemme e l’assediò, e il Signore la consegnò
nelle sue mani (IV Re 24,11). Al Maligno è concesso il potere contro
di noi, in ragione dei nostri peccati, secondo la Scrittura :
E a proposito di Salomone che peccava e si allontanava dalle vie del Signore
è detto: E il Signore suscitò Satana contro di lui.Chi ha abbandonato Giobbe al saccheggio
e Israele ai saccheggiatori?
Non è forse il Signore?
Essi hanno peccato contro di lui,
non hanno voluto camminare nelle sue viee non hanno ascoltato la sua legge.
Per questo ha riversato su Israele l’ardore della sua collera.
(Is 42,24)
Dio può dare il potere al demonio in due modi:
per nostro castigo, se abbiamo peccato; per nostra glorificazione, se
accettiamo la prova. Vediamo che questo fu il caso di Giobbe. Ecco,
tutto quanto gli appartiene io te lo consegno; solo non portare la mano su di
lui (Giobbe 12, 1).
Nel Vangelo il Signore dice, al momento della
Passione: Non avresti su di me nessun potere se non ti fosse stato dato
dall’alto. Quando dunque preghiamo per non entrare in tentazione, ci
ricordiamo della nostra debolezza, affinché nessuno si consideri con
compiacenza, nessuno si inorgoglisca con insolenza, nessuno si attribuisca la
gloria della sua fedeltà o della sua passione, allorché il Signore
stesso ci insegna l’umiltà quando dice: Vegliate e pregate per non
entrare in tentazione. Lo spirito è ardente, ma la carne è debole (Mc
XIV, 38).
Se anzitutto facciamo professione d’umiltà, se
attribuiamo a Dio tutto quello che chiediamo con timore e riverenza, possiamo
essere sicuri che la sua bontà ce lo concederà.
[Cipriano
Il Padre nostro 25-26]
Il Padre nostro 25-26]
Qui Gesù ci fa comprendere
chiaramente la nostra bassezza e reprime la nostra presunzione, insegnandoci
che se non dobbiamo fuggire i combattimenti, non dobbiamo tuttavia gettarci da
noi stessi in preda alle tentazioni. Sarà così per noi più splendida la
vittoria e per il diavolo più vergognosa la sconfitta. Quando siamo trascinati
alla lotta, dobbiamo resistere con tutta la nostra fermezza e con tutto il
nostro vigore; ma quando non siamo chiamati alla battaglia, dobbiamo tenerci in
riposo, attendere il momento dello scontro, mostrando insieme umiltà e
coraggio.
[Giovanni Crisostomo
Commento al Vangelo di Giovanni 19,6]
Commento al Vangelo di Giovanni 19,6]
Se la vita è tentazione, non è
possibile non essere tentati, ma non ci si deve far vincere dalla tentazione.
Infatti colui che è consegnato, secondo quanto ha meritato, all’ignominia e
alla vergogna, cade in tentazione, mentre colui che vince nella lotta non può
essere tentato e, al di là delle proprie forze, non abbandonato, non cade in
tentazione.
[Origene
Frammento 123]
Frammento 123]
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