IN NOME DEL PAPA RE
È proprio vero
che non si finisce mai d’imparare!
Il mese scorso
sono salita all’eremo con mio marito, come faccio regolarmente oramai da anni.
Abbiamo lasciato l’auto all’inizio dello sterrato e abbiamo proseguito a piedi
sulla neve ghiacciata. La giornata era spettacolare, ma io avevo nel cuore
delle ombre fosche.
Ero
arrabbiata!
Covavo il
malumore oramai da settimane e non riuscivo a darmi pace per alcune vicende
ecclesiali, legate sia alla mia parrocchia, nella quale servo come catechista
da più di 20 anni, che alla chiesa universale. Mi lamentavo: “è tutto marcio,
un covo di immorali senza nessun timore di Dio. Per colpa di questi va tutto allo
sfascio”.
Dopo averci
ascoltato, nel suo solito silenzio imbevuto dal lento scorrere del comboschini,
il padre ci ha guardato dritto negli occhi e ha detto, con il suo tono inconfondibile:
“non finisce tutto perché i garibaldini sono alle porte, ma i garibaldini sono
alle porte perché qui è già tutto finito!”. Poi, sorridendo soddisfatto per le
nostre facce perplesse, ha proseguito: “è la citazione di un film: In nome del papa re, un vero capolavoro.
Mai visto? Guardatelo e mi direte!”.
Detto fatto.
Rientrati a
casa, ancora con addosso il buon profumo di nardo che ci accompagna per i
giorni successivi ad ogni visita all’eremo, ho cercato e visto per la prima
volta in vita mia un grande capolavoro della cinematografia italiana.
Basta fare due
nomi per capire tutto: Luigi Magni regista, e il grande Nino Manfredi nei panni
di Mons. Colombo da Priverno.
Siamo nella Roma
1867, poco prima della sconfitta di Garibaldi a Mentana. La caserma Serristori
viene fatta saltare provocando la morte di 23 zuavi pontifici. Vengono
arrestati tre giovani rivoluzionari: Gaetano Tognetti, Giuseppe Monti e Cesare
Costa. La madre naturale di quest’ultimo, la contessa Flaminia, per salvarlo
ricorre a Mons. Colombo di Priverno, giudice della Sacra Consulta o tribunale
penale supremo dello Stato Pontificio. L’alto prelato, già in crisi non di
vocazione sacerdotale ma di fiducia nella necessità del potere temporale della
Chiesa e, per conseguenza, disposto alle dimissioni, quando viene a sapere
dalla donna di avere con lei generato il figlio 19 anni prima in un irripetuto
rapporto tra i torbidi del ‘49, interviene; ottiene la liberazione di Cesarino
e finisce per accoglierlo nella propria cantina. Mons. Colombo, che ha
pronunciato un discorso rivoluzionario in tribunale, incappa nelle ire del
"papa nero", il generale dei Gesuiti.
Un film da
guardare e meditare, con un finale sorprendente e che fa sospirare… Ad avercene
mille di mons. Colombo da Priverno!!!
V.
B.
Commenti
Posta un commento