La funzione di un libro è quella di aprire mondi al lettore, di spingere le sue
vedute interiori ad esplorare nuovi orizzonti, perché ne abbia beneficio non solo
il suo apprendimento, ma il suo pensare e di osservare il mondo; e di
conseguenza, il suo vivere.
Di recente, ovviamente su consiglio di padre Michele Di Monte, abbiamo
avuto modo di immergerci in una lettura coinvolgente e di grande presa: Santi
di tutti i giorni, dell’archimandrita russo Tichon (ed. Rubbettino).
Non intendiamo tanto fare una recensione di questo libro, ma piuttosto
condividere l’impressione che esso ci ha lasciato.
Mentre assistiamo impotenti al vertiginoso sbriciolarsi del cristianesimo
occidentale, questo testo ci ha accompagnato all’interno del grande mondo
monastico russo, e abbiamo “conosciuto”, in esso, alcune figure
meravigliose di monaci, vissuti per la maggior parte al monastero di Pskov (nel
nord-est della Russia) durante il periodo sovietico, dunque in anni non facili.
Meravigliose queste figure, non perché uomini eccezionali, dalle virtù eroiche
e sovrumane; ma perché uomini umanissimi, che hanno vissuto con
sapienza evangelica la loro umanità: facendo pace, grazie al loro spirito di
preghiera coltivato con perseveranza, fiducia e tenacia, con i loro aspetti
meno amabili, e diventando così punti di riferimento affidabili per tanta gente
semplice che nei difficili anni del comunismo non ha rinunciato alla sua fede.
Indimenticabile l’antipatico Padre Nafanail; simpatico il giovane Padre
Rafail, con la sua debolezza per la velocità in macchina; dolce e mistico il
Padre Ioann; irascibile il namestnik Padre Gavriil… e si
potrebbe continuare. Ognuna di queste figure, descritte nei loro caratteri a
volte non facili, nella loro umanità ricca e complessa, fatta anche di limiti e
difetti, ci è entrata dentro e ci si è fatta compagna di cammino…
Si spalanca un affascinante mondo monastico russo, di antichissima
tradizione e che, anche se di primo acchito può apparirci serioso o distante,
ci rivela le radici stesse della nostra vera fede. Abbiamo scoperto un mondo
ricchissimo e di grande vitalità, dove non manca il senso dell’umorismo e la
vicinanza cordialissima all’uomo e a Dio; dove dietro le lunghe barbe, gli
abiti neri e la grande ieraticità si intravede un cuore dolcissimo,
di bambino.
Così esordisce, all’inizio del libro, l’autore:
«Correva l’anno 1984. Eravamo cinque novizi. Ancora l’anno precedente
credevamo che andassero in monastero solo i fanatici o i falliti senza
speranza. E, già, anche le vittime di un amore non corrisposto.
Guardandoci in faccia vedevamo però tutt’altro. Il più giovane aveva
diciott’anni, il più vecchio ventisei. (…) La carriera laica di ciascuno di noi
prometteva di diventare assai invidiabile per quella gioventù di cui allora
facevamo parte.
E quindi, perché eravamo entrati in monastero sperando con tutto il cuore di
rimanervi per sempre? Conoscevamo bene la risposta a questa domanda. Perché a
ognuno di noi si era svelato un universo splendido, non paragonabile a
nient’altro. E questo universo appariva di gran lunga più seducente di quello
in cui fino a quel momento avevamo trascorso la nostra breve vita, a suo modo
felice.
Di questo mondo splendido, in cui si vive secondo leggi completamente
diverse rispetto a quelle della quotidianità, un mondo di luce senza confini,
pieno di amore e radiose scoperte, di speranza e felicità, di tribolazioni e
vittorie, in cui anche le sconfitte acquisiscono un senso e, cosa
importantissima, pervaso dalle possenti manifestazioni della forza e dell’aiuto
di Dio, di questo mondo voglio parlare nel mio libro .
Non ho dovuto inventare nulla. Tutto quello che leggerete è accaduto….».
Tra i vari racconti, merita di esserne riportato qui almeno uno.
«Da qualche parte nel cuore della Russia prima della rivoluzione c’era un
monastero sul quale nel circondario girava la cattiva nomea che i monaci
fossero senza alcuna eccezione fannulloni e ubriaconi. Durante la guerra civile
nella cittadina vicina arrivarono i bolscevichi. Radunarono i cittadini sulla
piazza del mercato e vi portarono sotto scorta anche i monaci.
Il commissario si rivolse a voce alta al popolo, indicando i religiosi:
– Cittadini, abitanti della città! Tutti voi conoscete meglio di me questi
ubriaconi, mangioni e poltroni! Ora il loro potere è giunto alla fine. Ma
affinché voi capiate fino in fondo come questi parassiti hanno abbindolato per
secoli i lavoratori, posiamo a terra davanti a loro le loro croci e il Vangelo.
Ora, davanti ai vostri occhi, ogni monaco calpesti questi strumenti di inganno
e asservimento del popolo. E allora noi li libereremo, che si disperdano ai
quattro venti.
Qualcuno nella folla scoppiò a ridere.
Ed ecco che tra le grida del popolo si fece avanti l’igumeno, un uomo
corpulento dal volto carnoso e gonfio e il naso rosso. Rivolgendosi ai suoi
monaci esclamò:
– Beh, fratelli… Siamo vissuti come maiali, almeno moriamo come cristiani!
E non uno dei religiosi si mosse. Quello stesso giorno furono tutti
ammazzati a sciabolate».
Una lettura che ci ha fatto bene al cuore e che consigliamo a tutti.
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